Dopo aver visto
il film dal titolo Lui è tornato, ho pensato di buttare giù qualche
considerazione personale sul tema. Come probabilmente molta gente avrà capito
dal trailer, il film esplora la possibilità che Adolf Hitler si risvegli nel
2014 direttamente sopra al bunker in cui si era suicidato nel ’45 e che divenga
presto oggetto di un documentario nonché di un programma televisivo.
Chiunque abbia
studiato la letteratura tedesca del secondo Dopoguerra saprà che la Germania ha
avuto parecchia difficoltà a superare quel capitolo nero della sua storia, tant’è
che anche oggi il nazismo è spesso considerato un tabù e non è, come accade per
esempio per il fascismo in Italia, oggetto di satira o ironia. In tedesco,
oltretutto, esiste una parola che sta a rappresentare l’obiettivo di superare
il passato – e nello specifico quel passato: Vergangenheitsbewältigung. Dal
1945 in poi, questo concetto è stato esplorato da diversi scrittori tra cui
Thomas Mann (e la sua famiglia di scrittori in generale) e Günter Grass, tanto
per citare due premi Nobel per la letteratura. Mentre il secondo esplorava i
tempi del nazismo – e non solo – tramite il genere del romanzo storico (si
veda, per esempio, il celebre Tamburo di latta), il primo ragionava su questa
funerea parentesi nella storia dell’impero tedesco riprendendo, tra le altre
cose, la storia del Faust e riadattandola in forma romanzata. Peraltro in
questo testo, dal titolo appunto Doktor Faustus (Dottor Faustus
in italiano), Thomas Mann suggerisce, attraverso un parallelismo con un
personaggio, che la Germania abbia fatto un patto col diavolo, col male
assoluto, scegliendo Adolf Hitler come cancelliere nel 1933. Il tema del Faust,
ossia quello del patto col diavolo per accedere all’onniscienza e alla totalità
della vita in tutte le sue sfaccettature, viene qui pertanto declinato in
un’ottica storico-culturale per fare luce sul male che si impossessava di quel
Paese dei poeti e dei pensatori (das Land der Dichter und Denker) e lo
tramutava in un Paese dei giudici e dei boia (das Land der Richter und
Henker, notare l’assonanza in tedesco).
Il film Lui è
tornato (in tedesco, Er ist wieder da), tratto dall’omonimo romanzo
di Timur Vermes del 2012, pur presentando spezzoni dal lampante umorismo
tipicamente tedesco, propone anche una serie di spunti interessanti, per quanto
non inediti. Affascinanti sono gli spezzoni girati come una sorta di
esperimento sociale in cui un attore impersona Adolf Hitler e si confronta con
l’attualità e in particolare con i problemi rilevati e messi in evidenza da una
fetta consistente della popolazione. In queste scene, gli attori si espongono
ad un pubblico genuino, sincero, che non manca di aprirsi a considerazioni
razziste e populiste. Colui che si assume essere l’ex dittatore è certo molto
bravo ad incoraggiare le persone a dare sfogo ai propri pensieri e al proprio
malcontento e non manca, in alcune occasioni, di mettere in evidenza la crisi
politica e valoriale subita dalla Germania e, con lei, dall’Europa se non dal
mondo intero. Problemi come i recenti flussi migratori e l’antipolitica vengono
additati da lui, quel mancato pittore definito ironicamente da Bertolt Brecht
“l’imbianchino” (der Anstreicher, in tedesco), con una retorica
invidiabile che fa certamente leva sulla frustrazione di una buona parte della
popolazione tedesca.
La sua dialettica
emerge immediatamente accanto alla sua capacità di adattarsi alla nuova realtà
del secondo decennio del ventunesimo secolo e sono precisamente queste due
qualità a garantirgli un successo virale nella società dei mass media. Le parti
effettivamente recitate e orientate al dispiegamento di una narrativa vera e
propria, infatti, ritraggono Hitler come un nuovo fenomeno tanto divertente
quanto caustico e sagace. Ben presto colui che si assume essere solamente un
impersonatore dell’ex dittatore fa breccia nel mondo della televisione nonché
nella quotidianità del popolo tedesco. Il personaggio principale che scopre per
primo questo nuovo fenomeno e che lo accompagna in giro per la Germania in una
serie di avventure, appunto, genuine, è l’unico che effettivamente realizzi che
quella persona che non esce mai dal proprio ruolo è veramente il mancato
pittore di origine austriaca e questo gli crea, come ci si può aspettare, un
crollo di nervi e la perdita della sanità mentale. Senza dare troppo spazio a
spoiler, che comunque in questo film hanno poco da rovinare, citerò solamente a
cosa arriva questa nuova pellicola. Conclusione di Lui è tornato è
infatti che Hitler, in quanto incarnazione del Male, è un fenomeno quasi
endemico, imprescindibile dall’esistenza quotidiana di qualsivoglia individuo.
Questo male, pertanto, altro non è che una parte significativa di noi stessi,
il che mi riporta alla mente una scultura che vidi un paio d’anni fa
all’Ashmolean Museum di Oxford: “Teseo e il Minotauro” (1942) dello scultore
lituano Jacques Lipchitz.
Secondo quanto
raccontato dall’artista stesso, all’inizio egli intendeva rappresentare
l’orrore della guerra e la lotta, in particolare, tra Hitler-minotauro e De
Gaulle-Teseo. Il punto focale iniziale era in gran parte quello della fuga e
del salvarsi da un male incombente – anzi, di fatto già manifesto – poiché
egli, in quanto ebreo, era preoccupato dalla minaccia dell’imbianchino in
Europa. Tuttavia, con l’evoluzione del concetto e, con esso, della scultura
stessa, egli realizzò che di fatto i due personaggi in lotta fanno parte l’uno
dell’altro: Teseo sta lottando non solo contro il Minotauro, ma, di fatto,
contro una parte di sé stesso.
Allo stesso modo,
Lui è tornato sottolinea quest’appartenenza di Hitler non solo alla
storia tedesca e al suo sviluppo, ma anche e soprattutto allo spirito tedesco
dal 1945 in poi. Il tentativo di affrontare quel funesto passato coincide con
la lotta di Teseo per sconfiggere una parte di sé. Guardato da una prospettiva
più vasta, il Male e l’umanità sono imprescindibili l’uno dall’altra e l’arte
ci convince molto spesso che possiamo individuare un Minotauro e distaccarlo da
noi, ma nel momento in cui pensiamo di essercene liberati noteremo invece che
qualcosa è rimasto, che “lui è tornato”.
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