giovedì 17 dicembre 2015

Sulla tolleranza

Sulla scia della foto che sta circolando in questi ultimi giorni che mostra l’intollerante cartello di un paese nel bresciano, ho pensato di buttare giù qualche riga per ribattere a tutti coloro i quali si sentano in dovere di sostenere questa battaglia contro i mulini a vento iniziata ormai da mesi.



È indubbio che gli attentati a Parigi abbiano toccato e ferito noi europei molto più profondamente di quanto non avessero fatto altri atti terroristici nel Medio Oriente. Non mi soffermerò troppo su questo aspetto, poiché in parte credo si possa giustificare in qualche modo questa sensazione – e sottolineo sensazione, perché se fosse un pensiero vero e proprio avrei più difficoltà a considerarlo accettabile – di ansia e panico che domina la scena politica europea e la vita quotidiana di ogni europeo da ormai un mese a questa parte. D’altronde, e spero mi sia concesso il parallelismo senza suonare amorale e poco empatico, non credo si possa biasimare qualcuno se questi apprende dell’esplosione di una bomba dietro la propria casa quando normalmente le bombe non sa nemmeno che faccia abbiano. È senza dubbio anche merito dei mass media, che ci tengono aggiornati, da una parte, su ciò che viene comodo a loro, e dall’altra, su ciò che ci è più vicino. Insomma, qualcuno potrà storcere il naso leggendo della distruzione di un Tempio facente parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO a Palmira, in Siria, ma temo sia irrazionalmente giustificabile che la faccia della stessa persona assumerà un’espressione sgomenta se l’edificio in questione è il Colosseo a Roma. Come si suol dire, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Dal punto di vista razionale chiaramente questo discorso non regge e sono il primo a dire che la distruzione di un edificio antico e storicamente significativo sia un crimine contro l’umanità, come ha giustamente dichiarato l’UNESCO.

Ciò che d’altra parte trovo davvero esecrabile da molti punti di vista è il fatto che ci siano determinati soggetti che non condannano un’azione tanto ignobile quanto quella di chi ha avuto la geniale idea di ribadire che il proprio paese sia “a cultura Occidentale e di profonda tradizione Cristiana”, specificando sotto che “chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”. Ora, posso capire che questi attentati abbiano dato il via ad un’ondata di terrore e panico generale che continua ad imperversare nella vita quotidiana di molti europei, però non vedo come un cartello del genere possa dare una risposta sensata e razionale alla brutalità e alla barbarie che lo Stato Islamico sta mostrando e seminando qui e in quel Medio Oriente tanto lontano dai nostri occhi occidentali. Non dico che non fosse quasi scontata una chiusura nei confronti degli islamici, d’altronde di persone poco raziocinanti al mondo ce ne sono eccome, però insomma, internet è un potente strumento di informazione e di analisi se usato correttamente. Il problema a questo punto immagino sia che la gente ne faccia un uso alquanto maldestro ed insano.

Il Tempio di Bel a Palmira, in Siria

Questo mi porta a ricordare che non esistono al mondo religioni vere e clinicamente testate, poiché si basano tutte sulla fede, sulla necessità da parte dell’uomo di credere in qualcosa, che sia in un dio cristiano, nelle antiche divinità egizie o in Allah poco importa. Il mio sdegno e la mia condanna trovano conferma nel fatto che tutto ciò sia stato illustrato dalla civiltà occidentale – e sottolineo occidentale, giusto perché non appena si pronuncia la parola “Oriente” i cervelli si staccano disinteressati e anzi piuttosto infastiditi – secoli fa, in quella famosa “età della ragione” che si studia a scuola e che si presenta con il nome di Illuminismo. Tanto per offrire uno spunto meno trito – ma forse altrettanto banale, per chi conosce la letteratura tedesca – rispetto a Voltaire e compagni, ripropongo qui la famosa “Ringparabel” (letteralmente, “parabola dell’anello”) contenuta in un testo caro ai germanisti dal titolo Nathan der Weise (in italiano, Nathan il saggio) dell’illustre Gotthold Ephraim Lessing. La parabola racconta della tradizione per la quale il padre di una famiglia regala al figlio che ama di più un prezioso anello in possesso della stessa da generazioni. Ad un certo punto, il padre in questione è costretto a scegliere tra i suoi tre figli, che ama in egual misura. Alterando la tradizione in modo esemplare, il padre decide di far produrre altri anelli identici all’originale e di dare ad ognuno dei tre figli uno di questi, assicurando ad oguno di essi che il suo sia quello autentico. Una volta che il padre muore, i tre figli si ritrovano a discutere riguardo a chi possieda l’originale, ma le copie sono troppo simili per essere riconosciute, anche davanti ad una corte di giustizia.

Se si considera il contesto nel quale è inserita questa parabola, è possibile avere un indizio fondamentale riguardo a come dovrebbe essere interpretata. Infatti, essa viene proposta a Saladin, il Sultano d’Egitto, dal personaggio eponimo, Nathan, un tollerante negoziante ebreo, in risposta alla domanda del primo riguardo a quale delle tre religioni monoteistiche sia quella autentica. L’anello originale è indiscernibile dalle copie – sempre che non siano tutte copie – pertanto l’invito della corte, alla fine della parabola, è esattamente quello di non guardare all’autenticità dell’anello, poiché non c’è alcun modo di decretarla in modo oggettivo. Ciò che ne risulta è quindi un invito alla tolleranza, poiché nessuna delle tre religioni può determinare in modo esatto la veridicità delle proprie affermazioni né si basa tantomeno su un mondo fattuale e razionale.

Ciò si ricollega, oltretutto, ad un video realizzato da dei ragazzi olandesi che è circolato non troppo tempo fa su social network e affini. In questo interessantissimo esperimento sociale, infatti, i suddetti hanno letto ad alta voce a dei passanti qualsiasi dei passaggi della Bibbia spacciandoli per sentenze del Corano e chiedendo poi a questi cosa ne pensassero. Ovviamente la condanna è stata prontamente sguinzagliata da tutti, non senza un certo grado di moralità cristiana, finché gli autori del video non hanno svelato che si trattava in realtà della Bibbia e non del Corano. Le reazioni sono state piuttosto sincere e umili, il che onestamente mi ha rallegrato – in fondo, chi pensa di conoscere un testo sacro così bene da distinguerlo da un altro? Ognuno di essi racconta una storia scritta migliaia di anni fa che era anche e soprattutto il prodotto di un universo culturale completamente diverso da quello che viviamo nel 2015. Ogni religione, in misure diverse, contiene parole di conforto, di amore, d’odio e di disprezzo, e proprio per questo ritengo – e Lessing con me – che nessuno di noi sia nella posizione di condannare una religione piuttosto che un’altra.

Alla luce di quanto illustrato da questa parabola, se da un lato la prima parte del cartello di Pontoglio sopraccitato aiuta i poveri paesani a ritrovare la strada di casa a mo’ di freccia “VOI SIETE QUI” sulle mappe dei centri commerciali (“sì, sei a casa, tranquillo, sei in Occidente e sei in un territorio cristiano”), d’altro canto non vedo come il messaggio di intolleranza sottostante possa elucidare la posizione del malcapitato. O forse, per gli abitanti di Pontoglio, questo messaggio di intolleranza sarà come una sonora pacca sulla spalla seguita da “pota bentornato a baita, la polenta è in tavola”; ciò che mi sconforta è che si debba e si possa ricorrere a tali colpi bassi per dichiarare la superiorità di un credo sugli altri, dimenticando di fatto la laicità dello Stato tanto cara ai giuristi.

Nella mia modesta opinione di italiano non aderente ad un credo ben preciso e stabilito, la religione, come tante altre cose, è una scelta personale e privata che deriva dalle diverse necessità di differenti persone. Non mi ritengo superiore a nessuno dei credenti solo perché decido di non far parte del mondo religioso né tantomeno sento la necessità di dichiarare ciò su un cartello all’entrata del mio paese. L’obbligo di rispettare la mia visione occidentale e cristiana – ammettendo che sia tale – tange i turisti, i visitatori e i miei vicini solamente nella misura in cui essi rispettino le leggi della mia terra: il mio credo non può e non deve farne parte.

Peraltro, mi chiedo che ne sarebbe di Davide se cercasse di sconfiggere Golia a mani nude...