domenica 10 gennaio 2016

Lo spettro del Femminismo

Gustav Klimt, 'Giuditta I' (1901)

























Ein Gespenst geht um in Europa – das Gespenst des Feminismus.

Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del Femminismo.

Ignoto ai più, ripudiato da molti, tradito da troppi. Trascina le sue grevi catene qua e là, in tanti lo vedono, ma ne sono spaventati.

E se la donna potesse non essere madre? E se non dovesse necessariamente essere intrappolata dalla sua funzione biologica? E se trovasse realizzazione nella carriera? E se decidesse di lavorare, portare a casa il pane, portare dei pantaloni? No no, allontana questi funesti pensieri, spettro maledetto!
La donna è un’emanazione della maternità, deve accudire i figli, dev’essere l’angelo della casa. Che lavori pure, se le è dato, ma che accetti con rassegnazione soprusi e discriminazione. Uno stipendio più basso del vero lavoratore, l’uomo, quell’instancabile massa di forza erculea, che certo merita di più, abbisogna più denaro – è innegabile. Così vuole Madre Natura.
Madre Natura, questo confuso garbuglio di pensieri che vengono propagandati postumi, quando lo stato di natura è morto e sepolto. Lo stato di cultura se ne appropria, recupera il corpo nel suo giaciglio mal disposto, solleva il putrido cadavere e lo esibisce davanti agli occhi sbigottiti di milioni di persone. “È giusto, è giusto!” grida la folla aizzata, “Madre Natura ci vuole confinati ai nostri ruoli, vuole la donna madre, la donna angelo della casa, che accudisce i propri figli, che sacrifichi le soddisfazioni personali per cercarle nella propria prole! Madre Natura vuole l’uomo instancabile lavoratore, maschio alpha, conquistatore di donne, collezionatore di trofei di carne ed ossa!” C’è anche chi nomina il nome di Dio invano, senza accorgersi del processo di proiezione antropologica che ne sta alla base.
Il cadavere languisce davanti a tutti, marcio e imputridito. Non ci si preoccupa di scomodarlo in caso d’evenienza. A volte viene anche infilzato ed impalato, ad eterno ricordo di questi ruoli che avrebbe definitivamente stabilito in un mondo primordiale che nessuno può ignorare. Solo pochi notano che, in fondo, si tratta di un cadavere strappato alla sua tomba; che impalarlo è di fatto un atto di forza bruta, di violenza, di non accettazione di un mondo diverso; che ‘famiglia tradizionale’ e ‘teoria del gender’ sono termini che questa Madre Natura non ha mai conosciuto. Ma soprattutto, in pochi si accorgono della sofferenza di questo cadavere che non conoscerà mai l’eterno riposo, la pace, o perlomeno una tregua. Intossicato dai veleni umani, dal tirannico Capitalismo che non vede in essa una madre, quanto piuttosto una vittima da sacrificare all’altare del dio Capitale. E questa Natura, strappatole comodamente il ruolo di Madre, diviene schiava di un sistema che in quello stato di natura non ha mai trovato posto. Questa unica vera madre viene sacrificata con determinazione, ma mai sia che le donne possano conoscere una felicità che non sia quella famigliare di crescere dei figli ed occuparsi di una casa.
Lo spettro si aggira nella folla, tocca qualcuno, lo rende partecipe dell’inenarrabile sofferenza del nascere con due X stampate in ogni cellula. Sofferenza in fondo evidente, che si manifesta in copiose perdite di sangue e in altrettanto copiose perdite di denaro per ovviare al problema. Sofferenza in fondo anche mal celata, che viene perpetrata dal genere maschile ogniqualvolta ritenga opportuno fischiare, sbraitare, allungare le mani su ciò che di fatto non è un oggetto alla mercé dell’uomo. Sofferenza in fondo anche nascosta nella lotta quotidiana di ogni donna che non si senta madre, che voglia lavorare, cercare soddisfazioni personali senza per questo dover scendere a compromessi con un mondo dominato da uomini.
Qualcuno, nella folla, realizza tutto ciò con occhi vitrei e viso pallido, abbassa lo sguardo confuso e ben presto abbandona quella macabra declamazione su e contro Madre Natura. L’entusiasmo si smorza, la candela della devozione viene spenta dal raziocinio del progresso, la folla si sfoltisce. I pochi rimasti piantano radici lì, continuano a sbraitare, fermi nella convinzione che questo cadavere abbia leggi da dettarci. Allora creano di propria mano una teoria del gender, confusa, decadente, dannata. Ora hanno la loro crociata, il loro nemico, questo enorme mulino a vento fatto di cartapesta e qualche desiderio represso. Si elevano a rango di sentinelle, leggono confezioni di shampoo e riviste di gossip, condannano il declino della civiltà. Lungi dall’uomo e dalla donna elaborare una dimensione personale in cui si sentano a casa. Il mondo è un posto freddo, ognuno al proprio posto, con i propri ruoli e le proprie battute. Non deviamo dalla rotta prestabilita, non c’è spazio per Ulisse qui.